Il 28 dicembre, sorprendendo molti osservatori, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è recato in visita in Tunisia. Nel corso della visita, il titolare della Farnesina ha incontrato l’omologo Othman Jerandi, il Presidente della Repubblica tunisina, Kais Saied, e la prima ministra Najla Bouden Romdhan.

Un incontro tanto rapido quanto ricco di significato. Come spiega infatti Matteo Garavoglia sul Manifesto, “si tratta del primo viaggio diplomatico italiano dopo il colpo di forza del 25 luglio scorso con cui [il Presidente tunisino] Saied ha congelato il parlamento, sciolto il governo e dettato la nuova agenda istituzionale al paese che sfocerà in elezioni anticipate il 17 dicembre 2022.”
Il timore di molti osservatori internazionali è che la decisione del Presidente Saied riporti la Tunisia indietro di 10 anni, cancellando le conquiste democratiche ottenute con la Primavera araba nel 2011 e tornando ad un sistema autoritario, con il potere concentrato nelle mani di un’unica persona. D’altro canto, la decisione di Saied di fissare date precise per un referendum costituzionale e nuove elezioni parlamentari offrono quantomeno una rassicurazione sulla salvaguardia della democrazia.
Non a caso, al termine degli incontri, Di Maio ha affermato: “ai miei interlocutori ho confermato che l’Italia guarda con interesse all’avvio di un percorso di riforme e scadenze politiche e costituzionali che dovrebbe auspicabilmente culminare in nuove elezioni legislative.”

“Ho poi sottolineato l’importanza che il percorso avviato prosegua verso il pieno ristabilimento dello stato di diritto e della normalità democratica. Allo stesso tempo è importante che ciò avvenga attraverso un dialogo inclusivo, trasparente e sostanziale, con tutte le componenti politiche e sociali del Paese, assicurando il pieno rispetto dei diritti fondamentali e promuovendo la stabilità e la crescita economica” ha concluso il Ministro.
Al di là della questione democratica, i dossier sul tavolo degli incontri tra Di Maio e le autorità tunisine erano diversi: vi è la questione rifiuti, e nello specifico il problema delle 7.900 tonnellate di rifiuti italiani, partiti dalla regione Campania e bloccati nel porto di Sousse, nel sud della Tunisia, in seguito a inchieste delle magistrature dei due paesi. Il Consiglio di Stato ha dato il via libera per il rimpatrio dei container, che tuttavia deve ancora essere avviato.
Anche il tema delle migrazioni, centrale nei rapporti tra i due stati, è stato oggetto dei colloqui. Come spiega ancora Garavoglia, “nel solo 2021 ci sono state 22mila intercettazioni in mare e 14mila tunisini sono arrivati a Lampedusa.” La missione di Di Maio, dunque, “è stata funzionale a una collaborazione stretta tra le due sponde del Mediterraneo sulla scia dell’accordo da 8 milioni di euro già stretto nell’agosto 2020.”

Tema reso incandescente dalle recenti tragedie di due cittadini tunisini: Wissem Abdel Latif, originario di Kebili, morto nel reparto psichiatrico dell’ospedale San Camillo di Roma il 28 novembre scorso in circostanze ancora da chiarire, ed Ezzedine Anani, morto suicida nel Cpr di Gradisca d’Isonzo. Vicende che mettono in luce le terribili condizioni in cui vivono i migranti chiusi nei Cpr e le carenze e colpevolezze di un sistema di accoglienza non degno di una democrazia europea.
Infine, il tema economico: la Tunisia non è soltanto, come ha affermato il Ministro degli Esteri un partner “strategico” e un paese “tradizionalmente amico”, ma anche un partner economico di primaria importanza. L’Italia è il secondo partner commerciale del paese, dove sono presenti oltre 800 imprese italiane. Al riguardo, Di Maio ha espresso l’auspicio “che si possa ulteriormente rafforzare questo partenariato”.