Quella di Pier Francesco Zazo, ambasciatore italiano in Ucraina, è una storia che racconta dell’impegno, spesso poco visibile, dei diplomatici italiani nelle crisi internazionali. Un esempio che ricorda quello del console a Kabul Tommaso Claudi e dell’ambasciatore Luca Attanasio, tragicamente ucciso in Congo lo scorso anno.

Di fronte all’orrore della guerra, come quello che la Russia ha scatenato in Ucraina e a cui assistiamo impotenti in questi giorni, ci viene naturale andare alla ricerca di storie, anche piccole, di resistenza e di coraggio. Racconti che testimoniano di persone che non vogliono arrendersi a ciò che sembra inevitabile, persone che mettono a rischio la propria vita per salvarne altre, con sprezzo del pericolo o con la forza gentile che scaturisce dal senso del dovere.
Storie come quella di Pier Francesco Zazo, l’ambasciatore italiano in Ucraina. Nato a Benevento nel 1959, Zazo è un diplomatico di lungo corso. Parla cinque lingue e ha alle spalle diverse esperienze in Europa, Oceania e anche a Mosca, dove è stato primo consigliere commerciale nei primi anni 2000. Pier Francesco Zazo è stato l’ultimo ambasciatore europeo a lasciare Kiev, trasferendo l’ambasciata italiana a Leopoli.
Nei giorni precedenti, assieme al personale diplomatico presente nella capitale, l’ambasciatore aveva lavorato incessantemente per permettere ai concittadini italiani di lasciare l’Ucraina, offrendo nel frattempo la propria residenza come riparo a centinaia di persone.
Nel trasferimento a Leopoli, Pier Francesco Zazo è riuscito a portare in salvo 100 persone, tra cui diversi bambini. Una condotta esemplare, che anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha voluto premiare, ringraziando pubblicamente l’ambasciatore. “Voglio ringraziarla a nome di tutto il governo italiano. Siamo tutti fieri di quello che lei ha fatto negli ultimi giorni, che sono stati davvero difficili. Lei è stato il simbolo di un Sistema Italia che ha funzionato, salvando la vita a tante persone” ha detto Di Maio rivolgendosi direttamente a Zazo.
Nei giorni scorsi, ha colpito molto un video girato dal giornalista di Avvenire Nello Scavo all’interno dell’ambasciata italiana a Kiev. Nel video, che dura pochi secondi, si vede l’ambasciatore Zazo “in jeans e pullover, che di diplomatico hanno solo l’eleganza di chi l’indossa”, che suona al pianoforte.
“Saranno stati un paio di minuti, forse meno” – scrive Nello Scavo sull’Avvenire. “Tra una telefonata della Farnesina e una al governo di Kiev. Ma in quegli istanti di ritorno alla normalità, l’ambasciatore che suona sotto le bombe ci ha insegnato che la poesia e l’arte non hanno paura delle bombe. Aveva chiesto di non essere ripreso in video…Non abbiamo mantenuto quella promessa. E Zazo ci ha già perdonati. Perché nella filigrana di certe vite c’è la spina dorsale di un uomo e di ciò che rappresenta.”

La storia di Pier Francesco Zazo è un esempio della forza e dell’abnegazione che i nostri diplomatici hanno tante volte dimostrato in momenti difficili, nonostante spesso le condizioni di lavoro siano tutt’altro che ottimali.
Ci ricorda la vicenda di Tommaso Claudi, il giovane console a Kabul, che la scorsa estate ha permesso l’evacuazione di tantissimi civili verso l’Italia, o la tragica storia di Luca Attanasio, l’ambasciatore ucciso in Congo mentre svolgeva il suo lavoro, che lui stesso paragonava ad una missione. Storie di persone coraggiose, capaci di mettere a rischio la propria vita per svolgere appieno il loro ruolo. Storie che ci ricordano come anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza.
Di Leonardo Brembilla