Intervista di Leonardo Brembilla.
Moza Al Hamadi è una ragazza nata e cresciuta ad Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti. La sua è una storia affascinante: da studentessa universitaria appassionata di lingue, Moza si avvicina all’italiano quasi per caso, perché la classe di francese che aveva intenzione di seguire viene cancellata.

Nasce così una passione che Moza continua a coltivare da sola dopo essersi laureata, trasformandola con intraprendenza anche in un lavoro: sfruttando la crescente multiculturalità della sua città e l’interesse per culture e mondi diversi, si inventa traduttrice e insegnante di italiano. La passione e la bravura di Moza vengono riconosciute, tanto che l’Istituto Italiano di Cultura di Abu Dhabi, con cui spesso collabora, la include tra i 200 studiosi, traduttori e intellettuali italiani e stranieri facenti parte della Giuria del Premio Strega 2020.
Moza Al Hamadi, in sostanza, rappresenta l’esempio perfetto di quello che INDiplomacy vuole raccontare: la vita di persone, italiane e non italiane, che con quello che fanno promuovono nel mondo la conoscenza e la passione per l’Italia, la sua cultura, la sua lingua.
Ciao Moza! Per cominciare, ti chiederei di raccontarci brevemente il tuo percorso: come ti sei avvicinata alla lingua italiana?
Ho studiato relazioni internazionali presso l’Università Zayed. Sono stata sempre appassionata di lingue, e durante gli studi avevo deciso di seguire un corso di francese. Poi per caso il corso venne cancellato e dovetti scegliere un’altra lingua. Scelsi l’italiano, e scoprii presto quanto sia bello e musicale. Grazie al mio professore Luigi Laudanna e ad amici italiani incontrati su internet mi sono appassionata alla vostra cultura. Ora traduco e insegno l’italiano a clienti da tutto il mondo. Insegno anche l’arabo, sia quello classico che il dialetto emiratino, in parallelo con il mio impiego presso il Ministero dell’Educazione.
E i tuoi studenti sono emiratini anche loro?
Faccio lezione sia di persona che online, quindi i miei studenti sono persone che vengono da tutto il mondo: sono emiratini, ma anche inglesi, della Somalia, della Colombia e dell’India. Le persone che vogliono imparare l’italiano qui sono tante. Molti ragazzi che lo imparano per il calcio (ride, ndr). Altri ancora sono attratti dal cibo: una mia studentessa è venuta da me perché si è appassionata della cucina italiana, oggi ha un ristorante. Molti invece lo studiano semplicemente perché sono stati in Italia e si sono innamorati della cultura e della bellezza della lingua, vogliono tornare e poter comunicare con gli italiani.
Immagino che anche tu sarai stata in Italia?
Sono venuta in Italia tre volte per le vacanze. Amo Roma, è una città speciale, bellissima, che mi ha fatto scoprire ancora di più la storia e la cultura italiana. Vado sempre alla Fontana di Trevi a buttare le monetine! Presto avrò modo di tornare: a settembre inizio un Master Europeo in European Literary Cultures e per il primo anno sarò a Bologna. Il mio sogno è quello di vivere con una famiglia italiana, vivere un’esperienza autentica.
A proposito di esperienze in Italia, l’anno scorso tu sei stata selezionata come membro della giuria di un importante premio letterario italiano. Che rapporto hai con la lettura?
Per me la lettura è importantissima. L’anno scorso, appunto, ho avuto l’opportunità di fare parte della Giuria del Premio Strega. Ho amato moltissimo “Il colibrì”, di Sandro Veronesi, il libro che ha vinto il Premio. Il mio preferito è però “Tutto chiede salvezza”, di Daniele Mencarelli, che ha vinto il Premio Giovani. Un libro commovente, molto “vero”, che racconta la storia dello scrittore, scavando in profondità nel percorso scatenato da un senso di ingiustizia che provava da giovane.
Come saprai, quest’anno è il settimo centenario della scomparsa di Dante, il padre della lingua italiana. Conosci la sua opera?
Conosco bene le opere di Dante, di recente ho partecipato alla maratona di celebrazioni organizzata dagli Istituti di Cultura Italiani, leggendo alcuni versi dell’Inferno. Dante è importantissimo nei paesi arabi. Le sue opere si trovano ovunque in libreria e sono molto conosciute. Inoltre, la stessa Divina Commedia contiene tracce dell’influenza di pensatori arabi, come ad esempio Ibn Arabi. I legami tra le due culture sono tanti e più profondi di quello che spesso immaginiamo.
Eppure, come saprai, anche in Italia gli stereotipi sul mondo arabo sono tanti, soprattutto sulla donna. Tu invece sei l’esempio contrario, hai una grande cultura e sei imprenditrice di te stessa.
Sinceramente, penso che gli stereotipi non siano giusti. Le donne qui hanno tante opportunità, in tutti i campi, anche quelli tradizionalmente visti come meno adatti a noi, come le scienze. Gli Emirati hanno sempre considerato importante il ruolo della donna nella società. Il nostro padre fondatore, lo Sceicco Zayed (Zayed bin Sultan Al Nahyan, ndr) fin dall’inizio ha investito sulle donne, anche quando qui era tutto deserto.

In generale, poi, penso che gli Emirati siano molto aperti. Con il tempo abbiamo imparato a creare relazioni con altri paesi, anche dal punto di vista culturale. Investiamo molto nell’arte, ad esempio con il Louvre di Abu Dhabi, creato in collaborazione con la Francia, dove vengono esposte opere da tutto il mondo.
La trasformazione è stata enorme, anche dal punto di vista urbanistico. Come è stato viverla?
Le cose sono cambiate molto, sì. Abu Dhabi con il tempo è diventata molto più moderna. Io però ho 27 anni e quindi crescendo non ho vissuto una trasformazione così radicale. I miei genitori invece hanno visto la città sorgere praticamente dal nulla, dalla sabbia del deserto. Dubai, al contrario, è in costante trasformazione, lì forse il cambiamento si nota maggiormente. C’è sempre voglia di novità.
Infatti, sono tanti anche gli italiani attratti da quanto gli Emirati hanno da offrire. Quali opportunità ci sono per i giovani?
Gli Emirati sono, come dicevo, un paese molto aperto e accogliente. Cerchiamo sempre la novità, e quindi vi è tanta attenzione per i giovani e per la loro voglia di fare, le loro iniziative. Le opportunità sono tante per tutti. Come dicevi, sono molti gli italiani che vengono qui. A dire il vero, ce ne sono di più a Dubai, forse perché Dubai ha più da offrire. Abu Dhabi è più tradizionale.
E tu per quanto riguarda il tuo futuro, che progetti hai?
Presto cambierà tutto, perché inizierò il master di Erasmus Mundus. Studierò un anno a Bologna e uno in Francia. Una volta finito, vorrei provare a diventare traduttrice. Dal 2020 svolgo già traduzioni in collaborazione con SEDRA Foundation, una fondazione no profit fondata da Sua Altezza Sheikha Aljazia Bint Saif Al Nahyanche, si occupa di giovani con disabilità. Inoltre la mia esperienza nella giuria del Premio Strega mi ha fatto scoprire tante opere italiane bellissime, che mi piacerebbe portare nel mondo arabo. Il mio sogno è quello di riuscire ad essere un ponte tra le due culture, quella italiana e quella emiratina, e in futuro magari portare giovani emiratini in Italia, per degli scambi culturali.
E che consigli daresti a un ragazzo o una ragazza italiana che volesse trasferirsi negli Emirati?

Di sicuro, l’ambiente internazionale aiuta molto ad ambientarsi qui. Però è molto diffusa la convinzione che sia difficile comunicare con la gente del posto. Si pensa che siamo chiusi. In realtà non è vero: spesso c’è una barriera iniziale e ognuno aspetta che sia l’altro a iniziare a superarla. Io consiglio sempre di non avere timore, cercare di mischiarsi ai locali, l’accoglienza sarà entusiasta. Anche l’idea che la lingua araba sia difficile da imparare spesso è un ostacolo, ma io credo che il motivo sia che si cerca sempre di iniziare imparando dalla scrittura e dalla grammatica.
Secondo me, invece, iniziando dall’arabo parlato si impara più facilmente. L’Istituto italiano di Cultura di Abu Dhabi sta facendo un ottimo lavoro in questo senso, creando iniziative aperte al pubblico per superare le barriere culturali, soprattutto tra i giovani. Il lavoro da fare è tanto ma le opportunità sono enormi