The Economist ha scelto l’Italia come paese dell’anno 2021. Non per «la prodezza dei suoi calciatori» o «per le sue popstar che hanno vinto l’Eurovision», bensì per «la sua politica».
Secondo il magazine inglese, l’arrivo di Mario Draghi alla guida del governo, l’efficace campagna vaccinale e la solida ripresa economica hanno contribuito a rendere «l’Italia di oggi un posto migliore di quello che era un anno fa».
Ogni anno, l’Economist sceglie il paese dell’anno, assegnando il titolo non «al paese più grande, più ricco o più felice, ma a quello che ha mostrato il miglioramento maggiore». Il premio viene assegnato dal 2013, e si ispira alla “persona dell’anno” del magazine Time. In passato il titolo è stato assegnato a paesi come l’Uzbekistan, per aver abolito la schiavitù, la Tunisia, per aver scelto la democrazia, e la Colombia, per l’accordo di pace con le FARC.
Come spiega l’Economist stesso, la scelta di quest’anno non era facile, tra la pandemia, la distribuzione diseguale dei vaccini nel mondo e l’erosione di libertà civili e principi democratici in molti paesi. Alla fine però la scelta è ricaduta sull’Italia, che ha prevalso su altri paesi meritevoli come Samoa, lo Zambia, la Moldavia e la Lituania, che in modi diversi si sono erti a difesa della democrazia.

Per sua stessa ammissione, l’Economist ha «spesso criticato l’Italia». Tuttavia la critica, spiega a Linkiesta Bill Emmott, direttore del magazine 1993 al 2006, era rivolta «sempre alla politica italiana e non agli italiani in quanto tali». Ed è proprio nella weak governance che ha spesso caratterizzato l’Italia repubblicana che vanno ricercate le cause della stagnazione economica che ha portato gli italiani ad essere «più poveri nel 2019 di quello che erano nel 2000. Eppure quest’anno l’Italia è cambiata».
La ragione principale del cambiamento, secondo l’Economist, è Mario Draghi. Con la nomina dell’ex presidente della BCE alla guida del governo, «l’Italia ha acquisito un primo ministro competente e rispettato a livello internazionale. Per una volta un’ampia maggioranza dei suoi politici ha seppellito le proprie differenze per sostenere un programma di riforme radicali che dovrebbero permettere all’Italia di ottenere i fondi ai quali ha diritto in base recovery plan europeo».

Ma il merito non è tutto di Draghi. L’Economist cita anche la campagna vaccinale, con un tasso di vaccinazione tra i più alti in Europa, e una ripresa economica più rapida di quella di Francia e Germania: il merito va dunque anche alla società italiana nel suo complesso ed al suo tessuto economico, capaci di fare fronte alla sfida della pandemia mostrando resilienza, carattere e solidarietà. Certamente, anche l’attivismo internazionale mostrato dall’Italia, in particolare con la presidenza del G20, ha inciso positivamente.
L’articolo dell’Economist conclude esprimendo il timore che questo momento positivo possa terminare se Mario Draghi dovesse essere eletto Presidente della Repubblica, lasciando il posto di Presidente del Consiglio ad una figura meno competente. Come commenta Federico Fubini sul Corriere della Sera, «in sostanza il settimanale di Londra sta esprimendo la sua preferenza perché Draghi resti fuori dalla partita per il Quirinale». Resta da vedere «quanto essa rifletta le vedute di ambienti più ampi».