Con una spesa di 361 miliardi di dollari entro il 2023, la popolazione musulmana è la nuova frontiera dei marchi occidentali, da Dolce&Gabbana a Nike. È la modest fashion oggi il futuro del business.
Da mercato di nicchia, la moda delle donne velate sta attirando sempre più l’attenzione della moda mondiale. Non si tratta di una tendenza passeggera: la modest fashion è un vero e proprio fenomeno, una rivoluzione al femminile partita dal Medio Oriente con colpi di stile.

Le donne musulmane amano vestirsi alla moda, ma con pudore e modestia, rispettando le norme religiose: l’abaya (lunga tunica che lascia scoperto capo, mani e piedi) e l’hijab (tipo di velo che lascia scoperto il viso) continuano ad essere fondamentali nel loro vestiario, ma hanno colori più sgargianti e fantasie glam.
La diffusione della modest fashion si deve al successo di una start up di Istanbul, Modanisa, lanciata nel 2011, ma è merito, soprattutto, delle abilità sartoriali e dell’impegno di designers, business woman e influencer, che hanno portato capi come turbanti, hijab, maxidress e maxi skirts a divenire uno stile, senza lasciarsi corrompere da pregiudizi.

L’attenzione internazionale verso il mercato arabo-islamico si deve, poi, all’organizzazione di diverse sfilate e manifestazioni, come l’Arab Fahion Week, ideata dalla più grande organizzazione no-profit mondiale, l’Arab Fashion Council, fondata a Londra nel 2014.
Negli ultimi anni sono state diverse le capsule collection lanciate, dedicate soprattutto alle Muslim Millennials, giovani devote sempre più attente alla moda: è DKNY a presentare una prima capsule nel luglio del 2014, la “Ramadan Collection”. Poi è stata la volta di altri marchi importanti, come Tommy Hilfiger, Oscar De La Renta, Valentino, Prada, Victoria Beckham, Yohji Yamamoto, ma anche brand pop, quali Zara, H&M e Mango. In Italia a fare notizia è stata la modella Halima Aden, la prima a sfilare in passerella a Milano a capo velato, che l’anno scorso ha lanciato la sua prima collezione di hijab.
